Il gioco è un bisogno primordiale che non appartiene solo ai bambini: è un’occasione desiderata e ricercata nell’intero arco di vita perché crea una rottura all’abitudine, sollecita pensieri nuovi, gratifica e sa di libertà. Dona l’opportunità – anche agli adulti – di rientrare in contatto con quei pensieri onnipotenti infantili che nella realtà-reale rimangono (nei più) sopiti, scontrandosi con troppi fattori incontrollabili.
L’illusione del controllo sulla realtà è un’esperienza comune e affascinante nel gioco. Il sentirsi fortunati, ad esempio, significa attribuirsi il potere di conquistare la Fortuna e riconoscersi un ruolo attivo giocando. Ma è un’arma a doppio taglio: può essere funzionale nella realtà alternativa, ma essere pericolosa per via dell’assenza del contatto con il reale. Nell’infanzia le realtà reale e la realtà ludica coesistono senza disturbarsi; crescendo si rischia di perdere la capacità di “saper giocare” dei bambini, arrivando , pericolosamente e pian piano, a far coincidere in un’equivalenza le due dimensioni della realtà. L’attrazione del gioco sta proprio nel desiderio di controllare l’incontrollabile.
Il gioco d’azzardo è una gara con il proprio destino nell’illusione di poterlo controllare.
Viene spiegato come un processo che, in alcune personalità, si sviluppa progressivamente durante l’arco di vita e si struttura in un periodo di tempo lungo e insidioso. La spinta al gioco è insita nell’essere umano, prevalentemente per le valenze positive che questa attività ha sull’umore: dunque si nasce con una curiosità innata al gioco, ma non si nasce giocatori d’azzardo.
Prima dello strutturarsi di un vero e proprio disturbo in cui l’azzardo diviene un pensiero ossessivo e un comportamento compulsivo, possono esservi anni di gioco d’azzardo socialmente accettato.
La distinzione tra gioco patologico (compulsivo) e gioco sociale è tutt’altro che semplice.
Dikerson propone di considerare i giocatori d’azzardo come un unico gruppo eterogeneo che si differenzia individualmente per il grado di auto-controllo che esercita nel gioco. A tal proposito, dà una definizione di social gambler (giocatore sociale) come quel tipo di giocatore con maggiore auto-controllo, che si approccia al gioco per il desiderio di passare il tempo e divertirsi; il giocatore sociale desidera vincere, a livello consapevole e inconsapevole, dando un’importanza al denaro nella vincita e producendo previsioni sull’esito del gioco con un sano contatto con la realtà piuttosto che con pensieri onnipotenti e illusioni di controllo.
Differentemente, il pathological gambler (giocatore patologico) prova maggiormente senso di colpa, è incapace di fermarsi quando vince, ma anche quando perde, perchè il suo desiderio inconscio è di sperimentarsi nella perdita. Il denaro non rappresenta per lui lo scopo del gioco, ma è esclusivamente un mezzo per continuare a giocare; non gioca per denaro, ma per eccitarsi giocando. Il giocatore compulsivo mostra una riduzione o un’assenza di contatto con la realtà e con il pericolo: questa difficoltà viene spiegata molto bene dalla “strategia dell’inseguimento”, ovvero la tendenza dei giocatori patologici a reiterare il comportamento, continuando a perdere, magari puntando sempre di più, nella mera illusione di arrivare a controllare il gioco, la fortuna e vincere.
Come riconosciamo un giocatore d’azzardo patologico?
Il DSM – 5 (Manuale Diagnostico per i disturbi mentali – 5° edizione) definisce Il Disturbo da Gioco d’Azzardo come un “Persistente e ricorrente comportamento di gioco d’azzardo maladattivo che conduce a compromissione o disagi clinici per un periodo di almeno 12 mesi”. Per una diagnosi, il comportamento d’azzardo non deve essere meglio spiegato da un episodio maniacale e deve presentare almeno quattro dei seguenti criteri:
- Necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata
- È irritabile o irrequieto quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo
- Ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere il gioco d’azzardo
- È spesso preoccupato per il gioco d’azzardo (per esempio, ha pensieri persistenti di rivivere esperienze passate del gioco d’azzardo, di problematiche o di pianificazioni future, pensando come ottenere danaro con cui giocare)
- Spesso gioca quando si sente in difficoltà (per esempio, quando si sente in colpa, ansioso, depresso..)
Dopo aver perso soldi al gioco, spesso torna un altro giorno (perdite “inseguite”) - Racconta bugie per nascondere il coinvolgimento nel gioco d’azzardo
- Ha messo a repentaglio o ha perso una relazione significativa, il lavoro, lo studio o una opportunità di carriera a causa del gioco d’azzardo
- Si appoggia su altri per cercare denaro e per alleviare le disperate situazioni finanziarie causate dal gioco d’azzardo
Il gioco d’azzardo patologico si struttura nell’incontro di un insieme di elementi dinamici biologici, sociali, ambientali, psicologici… è un disturbo che coinvolge personalità prevalentemente di livello borderline, caratterizzate da un’Io debole, oscillazioni violente del tono dell’umore, difficoltà di controllo, drammaticità, precarietà delle relazioni interpersonali, pensiero magico, ricerca del rischio e sensationseeking.. Il gioco è un agito e, come tale, una possibilità che il soggetto si da per entrare in “azione”, ma in maniera disfunzionale. Ci si scontra, infatti, frequentemente con tratti narcisistici centrali e patologici nella personalità del giocatore d’azzardo compulsivo.
I meccanismi difensivi messi in atto sono perlopiù l’onnipotenza, la scissione, l’idealizzazione e/o la svalutazione, la proiezione e il diniego. Ma è la pratica del gioco d’azzardo stesso ad essere definita un movimento difensivo: alla base del comportamento ossessivo/compulsivo viene riconosciuta una strategia inconsapevole per sopravvivere psichicamente ad un’ampia gamma di disturbi psichiatrici caratterizzati da angoscia,vissuti depressivi o psicotici…
La teoria psicoanalitica ricollega il nucleo della dipendenza da gioco a tematiche infantili di natura sessuale sottolineando tratti masochistici, pulsioni anali e orali nei giocatori.Interpreta il gioco come una sublimazione: una sostituzione di comportamenti segretamente desiderati, considerati “impuri” e “impensabili”, con altri socialmente accettati che svolgono la stessa funzione psichica. Gli impulsi libidici non risolti possono essere sublimati, agiti e soddisfatti in molti modi alternativi, come il bere, il mangiare o il giocare d’azzardo in modo eccessivo.
La sublimazione ci suggerisce il movimento di un’aggressività inconscia che viene liberata attraverso un comportamento sostitutivo. L’eccitamento prodotto dal giocare d’azzardo è come una masturbazione sublimata. Il “vizio” dell’onanismo è dunque sostituito da quello del gioco, mantenendo in grande rilevanza il potere delle mani in attività. Vincere è come un orgasmo e simbolicamente una sconfitta/un’uccisione del proprio padre (una vittoria edipica); mentre perdere rappresenta una castrazione, una simbolica morte per mano del padre (una sconfitta edipica). Vincere è dunque la realizzazione dei desideri incestuosi edipici, ma entrando in contatto col il senso di colpa verso il paterno; perdere significa evitare di uccidere simbolicamente il padre, ma essere castrati da lui. Il giocatore lotta costantemente per realizzare l’impresa impossibile di vincere e di perdere allo stesso tempo (o di non farlo mai): è questa ricerca senza fine che lo tiene incastrato e seduto al tavolo da gioco.
Il gioco d’azzardo patologico è un problema individuale, ma anche familiare e sociale. Si stima che il comportamento di un giocatore d’azzardo influisca negativamente sulla vita di almeno dieci persone. Si configura, per questo, come un importante oggetto d’intervento terapeutico. La combinazione fra psicoterapia e supporto farmacologico è la strategia consigliata per intervenire.
Dott.ssa Emanuela Gamba